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L'Osservatore Tiburtino

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La catacomba di Commodilla si apre su un percorso che collegava le vie Ostiense e Ardeatina, ricalcato dal tracciato dell'odierna via delle Sette Chiese. La catacomba è ricordata nelle fonti con una doppia denominazione: la prima è quella di coemeterium Commodillae, verosimilmente con riferimento al nome della proprietaria del terreno messo a disposizione della comunità cristiana per impiantare un'area cimiteriale; la seconda, invece, definisce il cimitero in relazione ai suoi martiri eponimi, Felice e Adautto.
Il nucleo originario della catacomba si deve rintracciare nel riutilizzo a scopo funerario delle gallerie di una cava di arenaria, il cui primitivo ingresso venne tamponato con un muro a tufelli. Un nuovo accesso fu aperto lungo il lato nord-orientale della galleria B, una delle arterie principali. Lo sviluppo dell'area cimiteriale viene
collocato dalle fonti epigrafiche e letterarie in una fase non anteriore alla metà del IV secolo e può essere messo in relazione al rilancio del culto per i martiri Felice ed Adautto.
La loro sepoltura è costituita da due loculi sovrapposti, aperti nella parete di fondo della galleria B. Proprio in quest'area si concentreranno gli interventi successivi, a partire da quelli di papa Damaso (366-384), che creò un prospetto architettonico e dedicò ai due martiri un carme poetico. Le notizie in suo possesso erano piuttosto limitate; la più tarda Passione narra che mentre Felice, un presbitero, si recava al martirio, un giovane che osservava gli eventi tra la folla si professò cristiano e venne condannato insieme a lui. Poiché nessuno ne conosceva il nome, venne chiamato Adautto, in virtù del fatto che si era "aggiunto" al martirio di Felice.
Oltre a Felice e Adautto, le fonti ricordano come venerati nel cimitero anche Merita, della quale si conservano diverse attestazioni iconografiche, e Nemesio, la cui figura è di difficile definizione.
Con l'intervento di Damaso ci fu una vera e propria ripresa nell'utilizzo dell'area funeraria, che conobbe una notevole espansione. Nell'inoltrato IV secolo, inoltre, nasce e si sviluppa anche la Regione di Leone, accessibile da una scala propria e così definita dal nome dell'ufficiale dell' Annona proprietario dell'unico cubicolo riccamente affrescato della regione. Dopo le sistemazioni di papa Damaso, l'area della sepoltura di Felice ed Adautto venne completamente trasformata da papa Giovanni I (523-526), che creò uno spazio destinato al loro culto, noto con il nome di "Basilichetta".
Qui si concentrano le pitture più tarde, tra le quali emerge per raffinatezza il pannello della vedova Turtura, rappresentata accanto alla Vergine in trono con il Bambino e accompagnata proprio dai martiri Felice ed Adautto.
Dalla fine del I° sec. d.C, ha inizio la diffusione nell'Impero Romano del culto misterico di Mitra, il cui nome significa "contratto", dio dell'onestà, dell'amicizia e dei patti, di antichissime origini indo-iraniche. Il culto si diffuse nelle regioni occidentali dell'Impero, grazie ai legionari romani che lo avevano conosciuto durante le campagne in Oriente, incrementando notevolmente la sua importanza dal II° al IV° secolo. Religione professata prevalentemente in ambito militare e amministrativo, con la rigida esclusione della componente femminile, il mitraismo fu oggetto di favore e protezione di molti imperatori.
Il Mitreo Barberini, uno dei TRE mitrei DIPINTI giunto fino a noi dall'epoca romana(gli altri DUE si trovano a Marino e a Santa Maria Capua Vetere), riutilizza i resti di un edificio romano del II secolo d.C. e fu scoperto, casualmente, nel 1936, nel corso di lavori edilizi. Consiste in una sala con volta a botte e le tipiche banchine laterali (praesepia). Di grande interesse è la raffigurazione pittorica sulla parete di fondo con al centro la scena di tauroctonia (l'uccisione del toro), mentre un cane e un ser pente succhiano il sangue dell'animale e uno scorpione gli morde i testicoli. Ai lati del riquadro principale, i due dadofori (portatori di fiaccole). Cautes e Cautopates, assistono alla scena, sovra stata dalla volta celeste con simboli astrali. I dieci piccoli quadri che affiancano la rappresentazione centrale narrano la storia sacra del dio.
Il monumento è stato più volte oggetto di delicati interventi di restauro, che hanno riportato alla luce particolari nascosti, come le stelle di colore ocra e rosso con tracce di doratura visibili nella scena centrale e la coppia di pesci raffigurata sul lato corto della parete della nicchia. Le manutenzioni annuali consentono un monitoraggio puntuale dell'ambiente e assicurano la conservazione di uno dei più interessanti mitrei presenti sul territorio.