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Michele Soldovieri

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Sono entrato in questa monumentale chiesa per assistere alla santa messa celebrata da Don Ciro che officia anche alla vicina San Giuseppe a Carbonara.
È stata questa l'occasione, al termine del rito, di ammirare le decorazioni di cui i Santi apostoli è ricca sia sulla volta sia nel presbiterio ed abside sia nelle cappelle in cui è ripartita la navata.
Ancorché la volta della navata e la cupola fossero protetti da una rete di sicurezza, per attenuare il rischio di cedimenti di intonaco, il viandante ha potuto ammirare se non il disegno quantomeno la composizione e il colore degli affreschi del Lanfranco, raffiguranti le storie del martirio degli apostoli.
Il Beltrano, il De Mura, il Farelli, il Beinaschi, il Malinconico, Luca Giordano, Solimena e Borrimini per la parte architettonica, sono i nomi di alcuni degli artisti che con il loro ingegno ed il loro talento pittorico hanno provveduto a decorare le cappelle ed i due transetti dei Santi apostoli, seguendo gli ordini e le committenze ecclesiastiche.
La bellezza di questa chiesa non si può descrivere a parole, solo con i propri occhi e lo sguardo intenso diretto sui capolavori, si può comprendere l'anima che gli artisti hanno voluto restituito alle composizioni realizzate.
Il maestro Muti dice che la Basilica di San Lorenzo maggiore è come un libro che si può leggere a lettere chiare.
La metafora è accattivante e non distante dal vero, poiché chi entra all'interno di San Lorenzo maggiore dall'ingresso della piazzetta di San Gregorio armeno in cui svetta un massiccio campanile, anche se è un analfabeta dal punto di vista artistico ed architettonico può trovare una propria chiave di lettura raccogliendo con lo sguardo sensazioni ed emozioni che colpiscono chiunque a prescindere dalla capacità di lettura di ciò che vede.
La basilica è molto antica e nasce sotto il regno degli angioini e viene costruita in stile gotico francese e l'interno vasto e spazioso ne restituisce al visitatore questa precisa impressione.
Le opere d'arte presenti nella numerose cappelle in cui è ripartita la navata, colpiscono chi le osserva sia distrattamente sia attentamente per la loro qualità compositiva, affreschi e dipinti, e per la loro forza e maestosità, statue monumenti funebri e gruppi marmorei.
I capolavori presenti nella basilica vanno distillati lentamente ed assorbiti alla vista senza alcun fastidio per l'eccesso di bellezza che sempre può far discutere quando riguardano temi specifici connessi al sentimento religioso unito al sentimento del potere dell'imperatore.
L'abside è poderoso ed incarna la visione gotica della vita spirituale medioevale.
Gli affreschi con i motivi della vita della Vergina Maria colpiscono per la freschezza ancor attuale del colore e della forma compositiva.
Siamo nel decumano superiore, nei dintorni dell'anticaglia e questa piazzetta che, come in altri slarghi di Napoli, si apre per ospitare la facciata di una chiesa che accanto al nome di San Giuseppe aggiunge quello del casato dei Ruffo o Ruffi, la cui nobildonna Ippolita Ruffo fondò nel '600 la chiesa e l'annesso monastero, descrive un luogo che il viandante osserva ed ammira nella sua spazialità prima di fare ingresso nell'edificio religioso attraverso una doppia scalinata.
Nel tardo pomeriggio, le monache dell'annesso monastero si predispongono al canto celestiale e se si accede in quel preciso istante all'interno di San Giuseppe dei Ruffi, si ha il privilegio di ascoltare le loro voci che, assemblate come in un coro angelico, giungono come dei diamanti a solleticare le orecchie umane.
Non c'è tempo per la visita degli arredi barocchi della chiesa; c'è solo l'ascolto paradisiaco della somma delle voci delle monache che diventano unica voce.
Benemerite sono tutte le iniziative che consentono a chiunque lo desideri di visitare luoghi, palazzi, chiese che generalmente sono chiusi al pubblico.
Con l'evento "aperti per voi sotto le stelle", il Tci ha aperto le porte di questa splendida chiesa napoletana al pubblico e con i suoi volontari ha guidato il fortunato visitatore all'interno di questo magnifico scrigno alla scoperta dei suoi tesori d'arte sacra.
Il viandante ha in tal modo scoperto la bellezza di un affresco seicentesco, per secoli rimasto nascosto sotto una monumentale tela sistemata sulla parete sinistra dell'abside dietro l'altare maggiore.
L'affresco coperto, raffigurante San Giorgio che uccide il drago, è stato realizzato da Aniello Falcone nel 1645 mentre il dipinto mobile che lo ha coperto per secoli alla vista dei frequentatori della chiesa, è stato eseguito nel settecento dal D'Elia e raffigura la medesima scena con un numero impressionante di personaggi.
Meraviglia è la sola espressione che può designare la visione di un simile gioiello che fa di questa chiesa un unicum a Napoli e nell'Italia tutta.
La visita all'interno della chiesa è proseguita con la scoperta di altre splendide opere d'arte disseminate al di qua e al di là dell'abside che risulta invertito rispetto all'originaria chiesa.
Vagabondando per Trastevere, sostiamo un istante accanto al piccolo commovente monumento a Giuseppe Gioacchino Belli. Poi ci inoltriamo per via della Lungaretta e imbocchiamo la Via della luce, lunga tortuosa e stranissima via.
La chiesa ha un grazioso campanile romanico del IX secolo che, insieme al muro esterno della navata sinistra e dell'abside attestano l'epoca della prima costruzione.
Il campanile dalla strada non si vede. La facciata non si nota affatto.
L'interno è una sorpresa, opera di Gabriello Valvassori.
L'architettura sembra concepita in funzione di una luminosità intensa e diffusa, simbolo suggerito forse dal nome, di cui il costruttore ha fatto scientemente il motivo architettonico dominante.
La chiesa è piccola ma sembra vastissima, è lunga e profonda e le tre navate, i nove altari nicchie, l'abside ovale, la volta ondosa, ne fanno una minuscola cattedrale (G. Veroni).
La chiesa è aperta per la messa domenicale, officiata nel rito cattolico al servizio della comunità latino americana.